RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - Genova, il gran ritorno

Genova, 17 novembre 2007

«Se non vengono a dieci metri e cominciano a spaccare le vetrine, io tengo aperto»: col solito aplomb di questa città che maniman ai problemi bisogna pensarci prima ma se te li sventolano tanto davanti poi ti arrabbi anche, un pasticcere in una traversa di via XX settembre dice la sua sugli allarmi agitati dalla stampa locale in vista del corteo di oggi. «Per noi negozianti le manifestazioni non vanno mai bene, al di là di chi le convoca - ragiona Giacomo Tagliafico - soprattutto perché la gente se ne sta a casa e finisce che invece di venire in centro va alla Fiumara». Il suo sentire è quello di tanti negozianti del centro. La grande serrata sembra che non ci sarà, anche se qualche bar, ad esempio quello all'interno di palazzo Ducale ha pensato di assoldare due vigilantes, «ma d'altra parte lo facciamo tutti sabati sera», aggiunge il capobarman.
Al mercato Orientale, un grande spazio coperto, subito dietro via XX settembre, gli umori sono diversi. Una sessantenne dice che è troppo vecchia per andare in giro e poi lei di politica non s'interessa. A sorpresa, tra i venditori, c'è qualcuno che ci terrebbe eccome: «Io ci sarei, però devo lavorare. È il mio turno». Si tratta di Lorenzo Monai, 39 anni, fratello di uno degli imputati. «Si è creato il solito allarmismo - dice Lorenzo - oggi è già passato qui quello dei polli, poi il fruttivendolo. Vengono tutti da me. Tranquilli non succede niente, gli dico. C'è un convegno, un concerto, una manifestazione, come fate a dire che fanno casino di sicuro? Son sicuro io che non ci scappa niente». E poi butta lì: «Peccato, non esserci, verrà anche mia mamma».
Tra i banchi della frutta, due signore fanno la spesa: «Sono assolutamente d'accordo con la manifestazione anche se non andrò per impegni familiari - dice Maria Grazia Lorini, 52 anni - Spero che non succeda niente perché se degenera non va bene. Alla fin fine sul G8 sapere qualche verità non sarebbe male visto che in Italia abbiamo tanti misteri». Un'altra poco dopo bofonchia che «sarebbe meglio se ne stessero tutti a casa».
Risalendo via XX Settembre ecco il corteo dei metalmeccanici per lo sciopero nazionale. Un gruppo di lavoratori sotto la statua a Guido Rossa in largo XII Ottobre dice che alla manifestazione non ci va. «Non mi convince. Al G8 sono venuti a fare casino da Milano o Torino e noi dobbiamo far finta di niente? - si chiede un operaio - al corteo andranno a gridare contro la polizia, non mi sembra un buon pretesto». D'altra opinione Bruno Manganaro della Fiom Genova: «La Fiom verrà. Certo ci sono stati giorni di tensione sul tifoso ucciso, ma cercheremo di contrastare atteggiamenti negativi del corteo. Però alla giunta comunale che ha detto che facciamo servizio d'ordine, rispondiamo primo che il servizio non lo facciamo; secondo se si ricordano solo della Fiom quando viene comodo». Dopo la storia del servizio d'ordine targato Fiom gli organizzatori hanno dovuto ripetere decine di volte che tutti si gestirà la situazione in modo che sia una manifestazione pacifica.
A dare manforte ai metalmeccanici ci sono anche gli studenti superiori. Tre quindicenni, dell'istituto Nautico e dell'Odero ci tengono a far sapere che «al corteo ci andiamo per quel poveraccio che è morto e contro quello che ha sparato». Carlo Giuliani? «No il tifoso laziale», risponde uno. Altra generazione. «E se beccava un bambino?», dice saltellando un terzo con al collo la sciarpa della Samp. Tutti e tre si dichiarano ultras e alla domanda se hanno intenzione di far casino, uno sorride e abbassa i toni «se non ci attaccano i poliziotti noi stiamo buoni».
Generazione teen a parte, più avanti un lavoratore della Marconi-Ericsson, Alessandro, 37 anni, dice che «ci si va con le stesse motivazioni di sei anni fa. Come allora non sono d'accordo col modello di globalizzazione e non voglio più le passerelle mediatiche dei grandi vertici come il G8. A Genova poi vogliamo capire ancora che cosa è accaduto e perché. Non mi interessa mettere alla gogna il colpevole ma sapere le responsabilità sì».
Scendendo a Caricamento e poi in via Gramsci, a un passo dalla Stazione Marittima, Germana Guglielmone, 74 anni, nel suo negozio di cristalli e souvenir fa sapere che «mia figlia vuole che chiuda al pomeriggio, ma io terrò aperto almeno sino alle due. Ho fatto la guerra, al G8 abitavo in via Rimassa, tra venerdì e sabato ne ho visto di tutti i colori, figuriamoci se chiudo ora». Germana racconta che tra i negozianti dei vicoli c'è un po' di bulesumme, che è il ribollire dell'acqua sul fuoco, come a indicare che del corteo se ne discute eccome: «Ma a tutti dico che stare aperta è una questione di principio. Non mi sono fatta intimorire dal fascismo e ora perché devo stare chiusa?». Sul G8 racconta che ha l'impressione «che ce ne sia per gli uni e per gli altri» e che comunque un vertice così si doveva fare in una città di pianura mica in «un budello come Genova».
A riassumere le sensazioni tra il rilassato e il chi va là, Don Andrea Gallo che con la Comunità di San Benedetto sarà in testa al corteo, spiega che «Genova è tranquilla. In fondo alla notizia della manifestazione qualcuno poteva anche organizzare delle ronde e invece non ci sono state». Così oggi è un po' il riscatto per una città ancora irritata dal filospinato e dalle griglie della zona rossa come dalla violenza del G8. Oggi è un po' una scommessa. Lo ha detto anche il prefetto.